Manifesto
Chi siamo
Dove siamo
Non ci riconosciamo nella società ciseteropatriarcale in cui siamo immers*, ne immaginiamo una differente che pratichiamo nella quotidianità delle nostre vite. Vogliamo rifondare una società su nuovi principi egualitari. Proponiamo un nuovo contratto sociale basato sulla collaborazione, l’empatia e il mutuo appoggio. Un mondo che non sia pensato appositamente per un gruppuscolo di persone (ad oggi un umano maschio bianco, etero, cis, abile, trentacinquenne, ricco), ma che vada bene per tutt*, che sia flessibile, malleabile e adattabile. Un mondo, quindi, che sovverta questa idea/ideologia di umano che, intersecandosi con il capitalismo globale, alimenta anche l’attuale crisi climatica e la catastrofe ecologica, in quanto separa umani e natura, ponendo il primo su un piedistallo e la seconda “ai suoi piedi”, come mera risorsa da sfruttare o da estinguere. Non tutti gli esseri viventi sono afflitti dalla crisi climatica allo stesso modo e noi abitanti del mondo bianco e “occidentale” non approfittiamo di questa occasione per distruggere le barriere erette nelle ultime centinaia di anni, ma ci chiudiamo ancora di più nelle nostre fortezze. Si diffonde un populismo conservatore e reazionario che trova spazio in una società come quella odierna, che, d’altronde, considera ancora una “minoranza” le donne che sono numerose quanto gli uomini. Una società che rende invisibile – per un migliore sfruttamento – il lavoro di cura femminilizzato e razzializzato dal quale, tuttavia, essa stessa dipende. Quindi, in tanti casi, il nostro lavoro non è neanche riconosciuto come tale, non parliamo solo del lavoro di cura, ma anche del volontariato LGBT+ o del sex work, che non è regolato, quindi (come le lesbiche, l* bisessual*) per la società semplicemente non esiste come lavoro in quanto tale. Noi non vogliamo corrispondere a un’immagine delle persone della Sigla perfetta o irreprensibile, vogliamo vivere le nostre vite mescolandole a tutte le altre (umane e non umane), permettendoci anche di sbagliare. Vogliamo che tutte le variabili umane siano considerate paritarie. Siamo cittadin* di un mondo complesso in cui nessuno è solo un’etichetta; praticare una lotta intersezionale significa sapere che non esiste solo l’oppressione ciseteropatriarcale, ma anche quella razziale, di classe sociale, di abilità, di età e che le diverse forme di oppressione agiscono insieme, spostando le persone verso il margine. Cerchiamo di intrecciare le rivendicazioni e sciogliere i nodi di queste intersezioni individuandone le matrici strutturali per cambiarle. Noi siamo una molteplicità poliforme che non sarà assimilata perché è già dappertutto.
Diritti in piazza
Quest’anno portiamo in parata e in piazza i diritti. Diritti negati, ma che da sempre siamo riuscit* a conquistare. Perché mentre si definiscono altre priorità, noi siamo ancora cacciat* di casa, licenziat*, picchiat*, uccis*; abbiamo paura di raccontarci, mostrarci per come siamo, di esibire la nostra favolosità o la nostra mostruosità. Noi perdiamo il lavoro quando riusciamo ad affermare la nostra identità di genere; ci sono precluse alcune occupazioni per il nostro orientamento sessuale; non possiamo garantire ai nostri figl* i diritti dei figl* delle coppie etero; non possiamo raggiungere alcuni status perché non apparteniamo alla giusta classe sociale; non siamo nati nel Paese giusto; non abbiamo diritto di spostarci liberamente tra Stati a meno di non ricalcare un ideale di “richiedente”. Noi, ancora, non abbiamo diritto di essere come siamo. Non vogliamo più essere cacciat* da una toilette che qualcuno ha deciso non potessimo usare; non vogliamo più non poter votare perché i seggi elettorali sono divisi per genere; non vogliamo più che la nostra identità di genere sia una malattia; non vogliamo più essere schiacciat* da una società dominante e una scuola oppressiva che consuma risorse umane, non umane, vegetali, minerali; non vogliamo più che la guerra possa essere vista come una soluzione a qualsivoglia problema.
Oltre la piazza
Ci piacerebbe cambiare il mondo e sappiamo che per iniziare a farlo dobbiamo partire dai luoghi in cui viviamo, per questo riteniamo prioritario:
dotarsi di un “registro di genere” simile a quello appena approvato dal Comune di Milano che tuteli le persone trans*;
proseguire lungo la strada tracciata dall’adesione alla rete Ready da parte del comune di Lecco, auspicando che altri comuni della provincia possano seguirne l’esempio;
seguire il percorso tracciato dal sopra citato progetto anche nella formazione costante del personale scolastico di tutti i gradi e indirizzi di studio;
prevedere lezioni di educazione affettiva e sessuale nelle scuole di qualsiasi grado;
avere una sede fisica negli spazi della Città per le associazioni che si occupano delle tematiche LGBT+, che possa essere anche spazio aggregativo, di formazione, informazione e socialità;
creare una rete di supporto temporaneo rivolta alle persone della Sigla che si trovassero ad affrontare un’emergenza abitativa, discriminatoria sul luogo di lavoro, di violenza in famiglia o di altro tipo;
destinare degli spazi pubblici e delle attività gratuite volte al benessere psicologico della cittadinanza tutta, in modo particolare per i giovani;
avviare una seria riflessione che, a partire da un confronto privilegiato con le organizzazioni sindacali, coinvolga l’intera cittadinanza rilanciando anche l’Accordo sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro sottoscritto da tutte le parti sociali del territorio nell’aprile 2018.

Grazie a:
Antonia Caruso per aver scritto LGBTQIAP+; Paul B Preciado di esistere; bell hooks per averci insegnato a trasgredire dal margine, Porpora Marcasciano e Monica J Romano per le lotte istituzionali e non; Nancy Fraser per la parte sul lavoro; Catriona Sandilands per l’ecologia queer; al The care collective per la cura.
Documento politico
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese
i nostri corpi
Noi persone trans* e intersex, noi persone nere, marroni, gialle, disabili, vecchie, basse, grasse, migranti, siamo ancora discriminate per il nostro stesso esistere. Noi donne ancora subiamo violenze sistematiche, senza neanche essere una minoranza! Ma noi viviamo i nostri corpi e ne siamo orgoglios*. Non è più concepibile che si possa intervenire chirurgicamente su neonati perché la società ha bisogno di non avere “genitali ambigui”, che si possa perdere il lavoro per aver affermato il proprio genere e che per farlo siano necessari “professionisti medici”. Nessuno può dirci ciò che siamo. Denunciamo l’omofobia, la misoginia, il razzismo, la xenofobia, l’abilismo e il classismo; chiediamo di garantire il diritto di asilo previsto dalla convenzione di Ginevra sui rifugiati e dalla Costituzione italiana, cancellando le norme restrittive imposte dagli ultimi governi e garantendo accesso ai diritti a tutt* coloro che fuggono da ogni forma di violenza e persecuzione spesso causate dall’essere parte della comunità LGBT+ o neurodivergente o pover* o donna o tutte queste cose insieme. Ci opponiamo alla strumentalizzazione della violenza di genere in chiave razzista, securitaria e nazionalista e richiediamo l’effettivo accesso alle procedure e il riconoscimento della protezione internazionale per le persone che si sottraggono a ogni forma di violenza. Chiediamo sia data piena applicazione alla Convenzione di Istanbul, sottoscritta dal governo italiano nel 2013, superando il divario esistente tra sottoscrizione formale e piena attuazione dei principi in essa enunciati riguardo alla prevenzione, protezione e sostegno delle vittime. Denunciamo contemporaneamente una cultura sociale, politica e giuridica che mette in atto operazioni di stigmatizzazione e colpevolizzazione delle donne coinvolte in casi di violenza. Promuoviamo il lavoro e la rete dei Centri Antiviolenza e ci impegniamo affinché siano correttamente finanziati per i servizi di protezione e supporto alle donne sopravvissute e ai loro figl*, coinvolgendo i soggetti istituzionali che li finanziano e li supportano nonché i diversi soggetti dell’associazionismo femminile. Chiediamo che la violenza assistita (quella subita da minori testimoni di violenza domestica) sia definita reato come raccomandato dal Consiglio Europeo per due volte dal 2010. Ci impegniamo a stringere alleanze con i servizi antiviolenza presenti sul territorio lecchese. In nessun caso la colpa è di chi subisce. Chiediamo il riconoscimento del diritto di modificare il nome e il genere sull’atto di nascita e sui documenti di identità senza una rettifica del sesso; la fornitura gratuita delle terapie ormonali e degli interventi chirurgici per le persone trans*. Non ammettiamo più interventi chirurgici su minori che abbiano lo scopo di omologare il sesso delle persone intersex a uno dei due sessi “binari”. Il binarismo non esiste, siamo una splendida palette di corpi diversi, a questo educheremo i nostri discendenti.
le nostre famiglie
i nostri lavori
le nostre scuole
noi animali umani
Per tutte queste nostre libertà, oggi scendiamo in piazza.

Grazie a tutte le realtà che hanno collaborato nella stesura del documento:
Agedo Como Lecco • Anpi Lecco • Cgil Leccco • Conferenza donne Democratiche Lecco • il Grande Colibri • La goccia Lecco • Lgbt+ Renzo e Lucio Lecco • Telefono Donna Lecco • Unione degli Studenti Lecco.